Nel grigio processo di Produzione – consumo in cui sembra impossibile rintracciare un autentico margine di libertà Scarabelli ha individuato un punto di penetrazione, di attacco.
Qui giunti i prodotti del nostro mondo tecnologico, vengono amorevolmente dirottati da Scarabelli verso orizzonti insospettati, completamente estranei ad ogni piano programmato; come un botanico insoddisfatto delle varietà esistenti compie innesti fantasiosi per accelerare i tempi della creazione. I prodotti del mondo industriale non vengono visti come portatori di una carica simbolica, non c’è nei loro confronti un atteggiamento ironico che in fondo è moralismo, piuttosto c’è un senso di autentico stupore di fronte a questo nuovo panorama di forme, quasi autoproliferanti, che aspettano, di essere comprese.
Il primo sintomo di questa volontà di possesso ci è offerto dalle proiezioni antropomorfiche con cui Scarabelli a volte le investe.
Ma questa fase di appropriazione magica, per simpatia, questa riduzione all’ umano è attualmente abbandonata per un senso molto più dilatato della libertà delle forme.
Scarabelli sembra aver scoperto che l’ uomo non è più la misura di tutte le cose, ma che ogni cosa, se vista con occhio libero è capace di proiettarsi all’ esterno e di porsi essa stessa come misura.
Proprio questa scoperta ha fatto compiere al suo lavoro il salto oltre il bricolage.
Gli elementi scelti non corrono più il pericolo di essere “previncolati” e di essere utilizzati come unità costitutive di un mito, ma vengono considerati come strumenti per la esplorazione fenomelogica di uno spazio che è il nostro spazio storico.
Franco Vaccari |