La “nouvelle vague” degli artisti
Scarabelli torna ai suoi “rottami”
Lo scultore pavullese si è imposto nella nuova avanguardia italiana – Una testimonianza di sicuro impegno
Un fiume di parole, una ricerca continua di colloquio con gli altri, un desiderio quasi insaziabile di comunicare: questo, in sintesi, è Davide Scarabelli, scultore pavullese, che si è posto in primo piano fra le avanguardie della nuova scultura italiana.
Allievo del bolognese Quinto Ghermanti, le sue opere hanno assunto una personalità precisa negli ultimi anni. Il suo lavoro si svolge prevalentemente nel silenzio e nella quiete del Frignano, tanto che ci si può chiedere come un isolamento di questo genere abbia potuto portare Scarabelli alle esperienze attuali, in linea con una tendenza culturale delle più seguite oggi. E’ lo stesso interrogativo che vien fatto di porsi vedendo le opere di un pittore giovane come Mac Mazzieri, che con il grafico Biolchini sono per così dire, i compagni di viaggio e di ricerca di Scarabelli. Nel loro caso, più che le mode ricorrenti e i fenomeni culturali passeggeri, quel che conta è il discorso costruttivo in comune, è la preparazione seria e il discorso che attuato nella atmosfera riposante dei castagni serva veramente a sondare in poche parole la natura umana e i problemi che da sempre hanno assillato l’umanità.
La scultura di Scarabelli, partita da una ricerca formalistica, è oggi approdata a uno spazio dilatato, in cui ogni cosa è capace da sola di proiettarsi all’esterno e di porsi come misura essa stessa. Dalla ricerca continua dell’uomo tramite la sua disperazione nel mondo dell’automazione e dell’industria, il giovane frignanese è giunto a un recupero sorprendente che ha allargato notevolmente il suo orizzonte di studio. Gli scarti dei trafilati e delle lamiere gli servivano per ricostruire l’immagine di una umanità alla ricerca di tesori perduti, come l’interiorità e i valori dello spirito surclassati dalla macchina. Da questo approdo Scarabelli partiva in direzione di un estetismo che – come notò a suo tempo anche Renzo Margonari – rischiava di soffocare il sentimento, dato che il mondo meccanizzato rischiava di divenire un puro pretesto per un j’accuse piuttosto nichilista.
Allora, parliamo di 4-5 anni fa, la ricerca dell’uomo fra i rottami (“Non siamo forse anche noi dei rottami?” era l’idea di Scarabelli) delle macchine, era esasperata in questo presupposto.
Una intelligenza vivace, una vitalità prorompente come quelle di Scarabelli non potevano però naufragare in questa occulta mediazione fine a se stessa. Scarabelli intuì che l’uomo poteva ritrovare se stesso nonostante le macchine; capì che i valori della nostra esistenza e tutti i problemi connessi alla metafisica potevano continuare a vivere e che si potevano ricercare e forse tentare di risolvere anche fuori dalla piazzetta e dalla mediocrità della civiltà dei consumi. E’ nata così l’idea del cerchio e della perfezione stilistica dei suoi derivati. Sono nate le forme eccentriche che realizzano un ideale di purezza e di musicale compostezza. Non era ancora tutto. Bisognava tornare ad inserire l’uomo e la natura in questo panorama ideale, sempre sofisticato, ma assai più aderente che un tempo alle forme originali e non contaminate. Gli antichi rottami che fino a un certo punto ebbero una funzione didascalica nel riferimento all’uomo ridotto a una macchina, sono tornati e parlano un linguaggio nuovo, che riconduce alle stesse meditazioni ma in una dimensione diversa. E’ nato da questo passaggio quell’ ”Uno di fronte all’altro” che ha ottenuto il primo premio al concorso nazionale di scultura indetto al principio dell’estate dal CIV di Modena e che rappresenta in modo significativo l’ultima tappa del giovane Scarabelli. Il trafilato grezzo si è ancora piegato dolcemente in diagrammi sinuosi e unisoni: senza concitazioni e formalismi esasperati. La società dei consumi riduce ancora l’uomo a una entità senza individualità. La promiscuità che rende non distinguibili le due forme resta però come simbolo di una bellezza e di una eleganza superiori che riaffermano i valori dell’intelligenza.
In questo senso Scarabelli ha trovato una misura ed ha recuperato una esperienza che pure si era dimostrata valida sotto tanti aspetti. Ora il giovane pavullese è inserito in un discorso che le nuove leve della scultura italiana stanno portando avanti con crescente interesse. L’aver trovato da solo questa strada è anche una testimonianza di un impegno che non è mai mancato.
Graziano Manni
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