Grande successo per la personale dedicata allo scultore
In 5mila al Palazzo Ducale per la mostra di Scarabelli
Oltre cinquemila persone hanno visitato la mostra di circa 80 opere di Davide scarabelli, al Palazzo Ducale, che chiuderà i battenti l’11 ottobre. Un bel risultato per il cinquantenne scultore pavullese presente da oltre 30 anni sulla scena dell’arte e che, soprattutto negli ultimi due anni, ha lavorato con grande impegno per realizzare una quarantina di sculture, anche di grandissime proporzioni, tutte esposte ora nell’accogliente spazio nel Palazzo Ducale che ospita, da molti anni, la Galleria d’Arte Moderna.
E non è tutto: in questo ultimo periodo della mostra si attende anche la visita degli allievi delle scuole medie e superiori di Pavullo, e non solo, (gli interessati possono fare richiesta alla Pro Loco) con un itinerario che sarà illustrato dallo stesso autore. La nostra intervista all’artista, circa due mesi fa, aveva toccato alcune caratteristiche dell’opera del pavullese, intrecciando aspetti umani e aspetti puramente artistici.
Crediamo che sia necessario riprendere quel “Filo” interrotto allora, per tessere ulteriori approfondimenti o, quantomeno, chiarimenti.
La ricerca di Scarabelli si svolge tutta tra il desiderio di dominio sugli oggetti ed un’umile richiesta ad essi di tensioni espressive, di racconti simbolici che investono la vita individuale e quella collettiva, vicende quotidiane con le cose e con gli eventi anche di impegno sociale (“Notte a Bagdad, verso la libertà”).
Una ricerca sorretta, sul piano stilistico, da una capacità di far tesoro delle esperienze formali innovatrici degli ultimi decenni di questo nostro secolo. E su questo punto concordano critici nazionali (anche Nicola Miceli nel saggio critico del catalogo della mostra) e critici (o, meglio, cronisti) di provincia, come noi che, già in altre occasioni e, in particolare, per la mostra antologica del pavullese a Campogalliano, avevamo richiamato, una decina di anni fa, certe interessanti “contaminazioni” con le macchine schiacciate di César e quelle ribelli di Tinguely, con i “merzbilder” di Schwittes, cche si possono ricondurre all’esaltante esperienza del “ready-made” di Duchamp.
Naturalmente, il percorso creativo di Scarabelli nasce da una poetica profondamente diversa, anche se non è esente da certi influssi poveristi e concettuali, con implicazioni con l’evento mentale e riflessioni sul linguaggio stesso dell’arte. Allo scultore pavullese piace l’arbitrarietà irriverente dell’”objet trouvé” che non assurge mai, nella sua individualità, ad opera d’arte, ma viene assemblato con alti materiali.
La volontà costruttiva presiede ad ogni opera in acciaio che si presenta più amalgamata e fusa in una generale ed unitaria immagine, quanto più forte ed intensa è l carica di ironia (tra foro, tamugnotta, libertà provvisoria, pendulo…) che l’autore riesce ad infondere. Il suo cammino, non prive di soste e di continuee curiosità, è verso approdi positivi per una maggiore coscienza del “fare scultura”, privilegiando la manualità. Infatti “Scarabelli modella oggi il ferro come fosse marmo o morbida creta. Lo fa ricorrendo alla compressione a caldo per ottenere mossi panneggi che interloquiscono – sostiene Miceli – con i conclusi solidi geometrici regolari, soprattutto sferoidi anche di grande diametro”.
Michele Fuoco |